Per la prima volta l’importo medio concesso dalle banche sui mutui prima casa scende sotto il 50% del valore dell‘immobile. In pratica per acquistare un immobile oggi è meglio avere più della metà in contanti, se non si vogliono correre rischi di essere rimbalzati allo sportello bancario.
Il dato emerge dall’ufficio studi di Mutui.it che ha analizzato oltre 12mila richieste di finanziamento presentate in Italia da ottobre 2011 ad aprile 2012 e ha fatto il punto anche sui dati medi erogati. Quest’ultima, appunto, è calata notevolmente passando da 127mila a 112mila euro(-13%).
E soprattutto il loan to value, ovvero il rapporto tra la somma erogata e il valore dell’immobile, di fronte ad un prezzo medio degli immobili che resta costante o si contrae solo in lieve misura, è sceso al 49%.
«Siamo, anche per quel che riguarda l’acquisto della prima casa, sotto la “soglia psicologica” del 50% – spiega Lorenzo Bacca, responsabile business unit di Mutui.it – e questo ci dice che oggi, chi vuol comprare la sua prima casa deve aver risparmi per oltre la metà del suo valore. È un dato preoccupante che ci impone di sperare in una veloce inversione di tendenza».
Il dato medio non deve però confondere. Dalla scorsa primavera alcuni istituti di credito hanno deciso di marciare in controtendenza rispetto al mercato (calo della domanda del 46% nei primi quattro mesi del 2012 su base annua) mettendo a budget capitali rivolti ai mutui che, nei fatti, se svincolati da prodotti correlati (come le assicurazioni sulla vita o sulla perdita del posto del lavoro) non rappresentano il prodotto più remunerativo tra quelli venduti allo sportello.
Tra questi Intesa Sanpaolo che ha stanziato 5 miliardi per mutui rivolti a giovani e famiglie sulla prima casa e, tecnicamente, è sul mercato anche offerte al 100% del valore dell’immobile. Anche Cariparma ha ampliato il plafond mutui a 2,5 miliardi lanciando la campagna “Mutui casa”. Questi istituti, unitamente a Webank (gruppo Bipiemme), Bnl, Credem e Ing direct, figurano tra quelli più “aggressivi” in questo momento nel mercato dei mutui.
Anche se “aggressivi” di questi tempi vuol dire praticare, nella migliore delle ipotesi, spread del 2,6%. Il che, rispetto alla media degli spread praticati solo 12 mesi pari all’1,3%, documenta quanto la crisi dell’Eurozona e delle banche dell’Eurozona abbia contagiato anche il mercato dei prestiti immobiliari.
C’è però una buona notizia. Gli indici europei (da sommare allo spread deciso dall’istituto per ottenere il tasso finale del mutuo) continuano ad aggiornare i minimi storici. Questa mattina l’Euribor a 1 mese è stato fissato allo 0,387%, soglia al ribasso inesplorata. Anche l’Euribor a 3 mesi è al minimo storico (0,671%). Questo per quanto riguarda gli indici utilizzati per i mutui a tasso variabile. E come vanno gli Eurirs, ovvero i parametri guida per bloccare il tasso fisso in sede di stipula del mutuo? Anche qui viaggiamo su livelli mai visti prima d’ora. L’Eurirs a 5 anni è all’1,18%, il decennale all’1,715%. Sotto il 2% anche tutte le scadenze.
Ne consegue che gli alti spread praticati dalle banche sui mutui (per coprirsi dal rischio credito nell’Eurozona) sono compensati in parte dagli indici europei. Pertanto il tasso finale di partenza (per le banche più competitive e disposte a concedere mutui in questa fase) si attesta dal 3,6% al 4% per chi opta per il variabile e tra il 5,5% e il 6% per chi si rifugia nel più caro mutuo a tasso fisso.