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Mutui bloccati, conti di deposito alle stelle.

Di

Frimm Bitonto

Pubblicato in News Su 14 Novembre 2011

Ci si chiede se a questi prezzi (e rendimenti) non sia straordinariamente conveniente acquistare BoT e BTp. Ci si chiede se a questi prezzi di Borsa non convenga investire sulle azioni delle banche italiane che da inizio anno hanno perso circa il 40% della capitalizzazione. Sono le domande che il risparmiatore qualunque si pone oggi. Le risposte (dei gestori) alla prima domanda (quelli sui titoli di Stato italiani) non mancano, pur non essendo nette: sulle brevi scadenze i BoT hanno raggiunto dei livelli interessanti per chi non è fatalista (e fortunatamente la maggioranza non lo è) ma sul lungo è meglio aspettare un po’, e vedere più chiaro, prima di fare un passo. Non mancano, però, anche gli scettici sul breve così come gli ottimisti, già da adesso, sul lungo. Insomma, non c’è una tendenza forte: comprare o vendere? Anche se pare che la prospettiva di un governo tecnico Monti piaccia ai mercati e possa dare un po’ di respiro alle quotazioni stressate.

Quanto alla seconda domanda (sui titoli delle banche italiane) ovviamente l’analisi andrebbe fatta anche caso per caso, Tier per Tier, multiplo per multiplo. Ma resta il fatto che, al netto di quelle che possano essere le valutazioni dell’ultimora, gli istituti di credito italiani prima di conquistare una fiducia lungimirante degli investitori debbano dare l’idea ai mercati di risolvere il problema della liquidità, o meglio di quella sorta di trappola dell’illiquidità in cui sono piombate.

Secondo quanto confida al Sole 24 Ore un esperto del settore, i principali istituti di credito del Paese stanno facendo davvero fatica a raccogliere soldi sul mercato interbancario a tassi ragionevoli. Nella migliore delle ipotesi si parte da 250 punti base ma la realtà è che i tassi medi si aggirano intorno ai 600-700 base. Su questi livelli è tecnicamente fantasioso immaginare un modello di business efficiente, considerato che il tasso della Banca centrale europea è lontano anni luce (1,25%) così come gli indici Euribor (l’indice a 3 mesi all’1,4% e il mensile all’1,2%).

Le banche nostrane stanno pagando il rischio Paese elevato (con spread BTp-Bund intorno a quota 500) che rimbalza sia sui titoli che posseggono direttamente in portafoglio che sulla credibilità stessa degli istituti che in questo Paese operano. A queste paradossali condizioni è difficile svolgere l’attività core che è, e resta, quella di prendere soldi al mercato all’ingrosso (interbancario) e prestarlo al dettaglio a famiglie e imprese. Perché, se il denaro sull’interbancario costa così caro, come si può pretendere poi di prestarlo alle imprese a tassi addirittura più elevati ( in funzione di un fisiologico margine da applicare)? E, soprattutto, come si può pretendere che le imprese paghino costi così ampi per finanziare la loro routinaria attivita?

L’Euribor sarebbe alle stelle….

È evidente, quindi, che a questi tassi è difficile prestare soldi e oliare l’economia. Se fosse rappresentato solo da banche italiane l’indice Euribor (che esprime il tasso medio a cui un panel di 44 banche europee si presta denaro) sarebbe pertanto molto più elevato dei valori attuali. Ciò vuol dire che le altre 41 banche (escluse appunto le italiane che fanno parte del panel, ovvero UniCredit, Intesa Sanpaolo e Banca Mps) si prestano soldi a condizioni più ragionevoli beneficiando di un rischio-Paese più ridotto rispetto a quello che attualmente incombe sull’Italia.

Tre indizi sulla difficoltà nella raccolta delle banche

Del resto, che le banche italiane abbiano sete di liquidità lo dimostrano anche altri tre fattori che emergono inequivocabilmente osservando i riflessi sul mercato retail, dai mutui ai conti correnti/deposito: 1) le ultime elaborazioni di Assofin, l’Associazione che esprime l’80% del mercato immobiliare e del credito al consumo, indicano che a settembre le erogazioni di mutui sono crollate del 25% rispetto a settembre 2010. Dato che fa il paio con quello sulla domanda (barometro Crif) che indica che a ottobre la domanda di mutui è calata, anno su anno, del 33%, dopo il -23% di settembre;

2) restando sul tema mutui, ci sono giunte in redazione segnalazioni di banche che stanno contattando alcuni mutuatari ricordando loro che per chi ha stipulato un mutuo dopo il 2007 non vi sono penali per effettuare rimborsi parziali per alleggerire la quota capitale residua del mutuo o addirittura per estinguere il mutuo in anticipo. Allo stessto tempo si ricorda che per i mutui sottoscritti precedentemente, le penali – sempre per effetto della “lenzuolata-Bersani” del 2007 – sono state fortemente ridotte. Come a dire: se avete liquidità potete anche utilizzarla per ridurre il mutuo. Una sorta di paradosso per le banche che piuttosto che concedere mutui (-25% a settembre) chiedono indietro capitali alle stesse famiglie/imprese a cui li hanno prestati;

3) last but not least, i conti di deposito. È davvero raro vedere istituti di credito offrire così massivamente come sta accadendo in questo momento tassi sui conti correnti/deposito nettamente più alti rispetto al costo del denaro presso la Bce (1,25%). Al di là delle promozioni, molte offerte oggi si spingono oltre il 4%, con o senza vincoli temporali. Come si può leggere questo altro dato, se non come un ulteriore segnale che gli istituti di credito abbiano bisogno di liquidità, a tal punto che preferiscono ottenerla dalle famiglie, a cui ora in cambio pagano tassi più bassi rispetto a quelli che pagano/pagherebbero sull’interbancario?

Fonte: Il Sole 24 ore del 10 novembre 2011

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